
Astrid Herrera - 10.10.2025
Marketing Data-Driven per E-commerce e PMI: Come Usare i Dati per Vendere di Più



di Astrid Herrera, Founder & Digital Transformation Specialist presso MadInnovation
Avete presente quella sensazione?
Siete davanti al computer, aprite Google Analytics, vedete numeri, grafici, curve che salgono e scendono. Eppure niente: nessuna rivelazione, nessuna decisione chiara. È come avere una miniera d’oro sotto il giardino, ma non sapere dove sia sepolta la pala.
Ecco la verità scomoda: non è colpa dei dati. È colpa nostra.
Le PMI, le startup e persino gli e-commerce con anni di esperienza raccolgono montagne di informazioni, ma troppo spesso non le trasformano in azioni concrete. E nel 2025 questo non è più un dettaglio: è il confine tra chi cresce e chi rimane indietro.
Il paradosso dei dati: troppi, ma mai abbastanza

Secondo McKinsey, le aziende usano in media solo il 12% dei dati che raccolgono. Il resto resta sepolto in dashboard mai consultate. Non vi ricorda qualcosa?
Prendiamo Marco, titolare di un e-commerce biologico in Ticino. Ha GA4, un CRM con 4’500 contatti, report mensili. Ma alla domanda: “Chi sono i tuoi tre clienti più profittevoli?” resta in silenzio.
Marco non è un’eccezione. È la norma.
Il marketing data-driven non significa accumulare più dati, ma fare le domande giuste a quelli che già avete.
Google Analytics 4: la Ferrari che guidate in prima marcia

Se usate GA4 solo per contare visite mensili, state sprecando un potenziale enorme.
GA4 traccia eventi: scroll, clic, aggiunte al carrello, visualizzazioni. Questi eventi raccontano una storia precisa: il comportamento d’acquisto.
Un caso reale: una PMI di Lugano nel settore software aveva un tasso di conversione dello 0,8%. Analizzando i percorsi in GA4, abbiamo scoperto che chi visitava la sezione “Casi Studio” e poi la pagina “Prezzi” convertiva al 67% entro 7 giorni. Ma solo il 12% dei visitatori seguiva quel percorso.
Soluzione? Ridisegnare il customer journey per portarli lì. Risultato? Conversioni al 2,3% in tre mesi. Stessi visitatori, stessi prodotti, strategia diversa.
Tre metriche che non potete ignorare:
- Engagement rate: se è sotto il 50%, il vostro sito è un autogrill. Entrano e scappano.
- Conversion path: vi mostra il viaggio completo prima di una vendita. Oro puro.
Lifetime value per utente: cambia la domanda da “quanto vale questa campagna?” a “quanto vale questo cliente nel tempo?”.
Il CRM: archivio o motore di crescita?
Molte aziende hanno un CRM. Pochissime lo usano davvero. Per molte è solo una rubrica digitale costosa. In realtà, è una macchina da guerra se sfruttata bene.
Caso Elena: boutique online di moda sostenibile a Zurigo. 3’200 clienti in CRM, fatturato stagnante. Analisi: il 22% dei clienti generava il 68% del fatturato. Segmentando e creando un programma VIP su misura, in tre mesi il segmento ha fatto +34% di vendite.
Il costo? Quasi zero. I dati erano già lì.
Segmentare clienti per frequenza d’acquisto, valore medio ordine, categoria preferita non è “nerdismo”. È strategia. E la personalizzazione oggi è l’unico vero vantaggio competitivo.
KPI: smettiamola con le vanity metrics

Diciamocelo: like e follower non pagano stipendi. I KPI devono parlare di business, non di ego.
Ecco quelli che contano davvero:
- CAC (Customer Acquisition Cost): se spendi 150 per un cliente che vale 80, hai un problema.
- CLV (Customer Lifetime Value): deve essere almeno 3 volte il CAC.
- Tasso di conversione per canale: ogni canale va misurato separatamente.
- Carrelli abbandonati: in media il 70% non completa l’acquisto. Recuperarne anche solo il 10% significa migliaia di franchi in più.
- Repeat Purchase Rate: se sotto il 20%, stai perdendo clienti troppo in fretta.
Dal dato all’azione: tre storie che valgono più di mille teorie

- PMI consulenza HR, Basilea: GA4 ha mostrato che chi scaricava un whitepaper convertiva 4x di più. Spostato il budget su quel contenuto → costo lead -58%, conversione +19%.
- E-commerce tech, Ticino: CRM rivelava che chi comprava accessori spendeva 3 volte di più. Attivate email automatiche → +180’000 franchi in 4 mesi.
- Startup SaaS, Ginevra: dati d’uso hanno mostrato una funzionalità chiave. Onboarding ridisegnato → conversione da trial a pagamento +22%.
In tutti e tre i casi i dati erano lì, solo che nessuno li guardava nel modo giusto.
Cultura del dato: il vero ostacolo
Il problema non è tecnico, è culturale.
Molte PMI si affidano ancora all’istinto: “Abbiamo sempre fatto così”. Il marketing data-driven richiede un cambio di mentalità: dai pareri ai fatti, dall’improvvisazione alla strategia.
E sì, può far male. Perché i dati non mentono: vi mostrano che certe campagne non funzionano, che i clienti che pensavate centrali in realtà non lo sono, che il vostro “prodotto bandiera” non interessa a nessuno.
Ma è da questa brutalità che nasce la crescita vera.
Il futuro? È già qui
Il marketing data-driven non è il futuro. È il presente. Le aziende che lo usano crescono, quelle che non lo fanno restano indietro. La buona notizia? Non serve un budget da multinazionale. Servono curiosità, disciplina e la volontà di farsi guidare dai dati.
I vostri dati vi stanno parlando da mesi. È ora di ascoltarli.

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